Le allucinazioni delle AI: quando l’intelligenza artificiale... inventa
Postato da Ai + Umano il 23/04/2025

Le allucinazioni delle AI: quando l’intelligenza artificiale... inventa

Nel mondo dell’intelligenza artificiale si parla sempre più spesso di “allucinazioni”. No, non si tratta di visioni mistiche o effetti psichedelici: nel linguaggio tecnico, si definisce allucinazione ogni risposta dell’AI che appare convincente, ma è sbagliata, inventata o non supportata da dati reali.

In questo articolo cercheremo di spiegare cos’è un’allucinazione AI, perché si verifica e cosa può fare chi sviluppa o utilizza l’intelligenza artificiale per ridurre il problema.

 

Cos’è un’allucinazione AI?

Immagina di chiedere a un assistente virtuale:

“Chi ha vinto l’Oscar per il miglior film nel 2024?”

E lui risponde:

“Nel 2024 ha vinto Pulp Fiction 2 diretto da Quentin Tarantino.”

Peccato che Pulp Fiction 2 non esista.

Questa è un’allucinazione: l’AI ha “riempito i vuoti” in modo plausibile ma inventato. Non ha mentito con cattiveria – semplicemente ha “dedotto” male, perché non ha una comprensione del vero e del falso nel senso umano del termine.

 

Perché accade?

Le AI come ChatGPT, Claude o Gemini non ragionano come un essere umano. Funzionano elaborando schemi probabilistici: scelgono la “prossima parola” più probabile in base al contesto e ai dati su cui sono state addestrate.

Se nei dati manca l’informazione precisa, o la domanda è troppo ambigua, l’AI può:

  • inventare fonti che sembrano credibili,

  • riempire buchi logici con frasi ben formate ma scorrette,

  • confondere entità simili (come nomi, date, concetti).

 

Esempi pratici (anche per chi lavora nel web)

Chi lavora in ambito digitale può incappare in allucinazioni anche in contesti seri:

  • un’AI può generare codice errato ma sintatticamente corretto;

  • può suggerire strategie SEO basate su tecniche obsolete;

  • può generare contenuti falsamente autorevoli, che però rischiano di danneggiare la reputazione online di un’azienda.

Per chi, come noi di Edge, integra soluzioni AI in progetti reali, è fondamentale distinguere l’output generato automaticamente da quello verificato e validato.

 

Come si può limitare il problema?

  1. Contesto chiaro: le AI rispondono meglio a domande precise. Più il prompt è ambiguo, più il rischio di allucinazione aumenta.

  2. Controllo umano: ogni contenuto generato dovrebbe passare attraverso un controllo umano, soprattutto se destinato a pubblicazione o decisioni operative.

  3. Uso di fonti esterne (RAG): sistemi avanzati combinano AI e database esterni per migliorare la precisione, usando tecniche come il Retrieval-Augmented Generation.

  4. Fine-tuning e embedding personalizzati: per casi aziendali specifici, si può “istruire” l’AI su documenti interni, riducendo l’improvvisazione.

 

Conclusioni

Le allucinazioni non sono un bug, ma un effetto collaterale del modo in cui funzionano i modelli linguistici. Capirle ci permette di usare l’AI con maggiore consapevolezza e sfruttarne il potenziale, senza delegare ciecamente il nostro giudizio umano.

Edge crede in una tecnologia intelligente, ma anche trasparente e controllabile. Ecco perché quando integriamo sistemi AI nei progetti dei nostri clienti, lo facciamo con un occhio tecnico e uno critico.

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