Fino a poco tempo fa, dire “cerca su Google” era quasi sinonimo di “cerca online”. Oggi, quel dominio incontrastato sta iniziando a mostrare crepe: secondo un recente studio, gli utenti europei che usano ChatGPT per fare ricerche online sono quadruplicati negli ultimi sei mesi.
Un dato che non sorprende chi vive quotidianamente il mondo digitale, ma che pone domande fondamentali sul futuro della ricerca online.
Lanciata come piattaforma di AI conversazionale, ChatGPT oggi si propone anche come strumento di ricerca. Con l’integrazione del browsing, della ricerca vocale e di risposte contestualizzate, l’esperienza d’uso è sempre più vicina a quella di un motore di ricerca – ma potenziata.
Gli utenti scelgono ChatGPT non solo per trovare informazioni, ma per comprenderle, organizzarle, e talvolta metterle direttamente in pratica (come accade ad esempio nel coding o nella creazione di documenti).
Google non sta a guardare, ovviamente. Sta investendo massicciamente in AI generativa, ma l’ingresso di nuovi attori come OpenAI, Perplexity o You.com sta rompendo una dinamica che per anni sembrava immutabile.
Chi prevedeva un futuro dominato da un’unica forma di ricerca dovrà rivedere i propri modelli di riferimento. Il web sta cambiando, e con esso anche il modo di progettarlo e di viverlo.
Per una realtà come Edge, che sviluppa soluzioni web su misura, questi cambiamenti sono un campanello d’allarme ma anche una grande opportunità.
Le interfacce, i contenuti, le architetture informative devono adattarsi a nuovi modi di cercare e accedere alle informazioni.
- Se prima ottimizzare un sito significava di fatto pensare alla SEO per Google, oggi significa anche costruire esperienze interrogabili e comprensibili dall’intelligenza artificiale.