Nel mondo dell’intelligenza artificiale si parla sempre più spesso di “allucinazioni”. No, non si tratta di visioni mistiche o effetti psichedelici: nel linguaggio tecnico, si definisce allucinazione ogni risposta dell’AI che appare convincente, ma è sbagliata, inventata o non supportata da dati reali.
In questo articolo cercheremo di spiegare cos’è un’allucinazione AI, perché si verifica e cosa può fare chi sviluppa o utilizza l’intelligenza artificiale per ridurre il problema.
Immagina di chiedere a un assistente virtuale:
“Chi ha vinto l’Oscar per il miglior film nel 2024?”
E lui risponde:
“Nel 2024 ha vinto Pulp Fiction 2 diretto da Quentin Tarantino.”
Peccato che Pulp Fiction 2 non esista.
Questa è un’allucinazione: l’AI ha “riempito i vuoti” in modo plausibile ma inventato. Non ha mentito con cattiveria – semplicemente ha “dedotto” male, perché non ha una comprensione del vero e del falso nel senso umano del termine.
Le AI come ChatGPT, Claude o Gemini non ragionano come un essere umano. Funzionano elaborando schemi probabilistici: scelgono la “prossima parola” più probabile in base al contesto e ai dati su cui sono state addestrate.
Se nei dati manca l’informazione precisa, o la domanda è troppo ambigua, l’AI può:
inventare fonti che sembrano credibili,
riempire buchi logici con frasi ben formate ma scorrette,
confondere entità simili (come nomi, date, concetti).
Chi lavora in ambito digitale può incappare in allucinazioni anche in contesti seri:
un’AI può generare codice errato ma sintatticamente corretto;
può suggerire strategie SEO basate su tecniche obsolete;
può generare contenuti falsamente autorevoli, che però rischiano di danneggiare la reputazione online di un’azienda.
Per chi, come noi di Edge, integra soluzioni AI in progetti reali, è fondamentale distinguere l’output generato automaticamente da quello verificato e validato.
Contesto chiaro: le AI rispondono meglio a domande precise. Più il prompt è ambiguo, più il rischio di allucinazione aumenta.
Controllo umano: ogni contenuto generato dovrebbe passare attraverso un controllo umano, soprattutto se destinato a pubblicazione o decisioni operative.
Uso di fonti esterne (RAG): sistemi avanzati combinano AI e database esterni per migliorare la precisione, usando tecniche come il Retrieval-Augmented Generation.
Fine-tuning e embedding personalizzati: per casi aziendali specifici, si può “istruire” l’AI su documenti interni, riducendo l’improvvisazione.
Le allucinazioni non sono un bug, ma un effetto collaterale del modo in cui funzionano i modelli linguistici. Capirle ci permette di usare l’AI con maggiore consapevolezza e sfruttarne il potenziale, senza delegare ciecamente il nostro giudizio umano.
Edge crede in una tecnologia intelligente, ma anche trasparente e controllabile. Ecco perché quando integriamo sistemi AI nei progetti dei nostri clienti, lo facciamo con un occhio tecnico e uno critico.
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